Loredana Longo

Demolition #1 squatter

ottobre-dicembre 2011

Loredana Longo

Demolition #1 squatter

ottobre-dicembre 2011

Loredana Longo, DEMOLITION#1 squatter, Assab One, 2011

Con contributi di Loredana Longo e Francesco Lucifora

Loredana Longo affronta da anni una tematica da lei stessa definita “l’estetica della distruzione”. Nel video DEMOLITION#1 squatter l’artista interviene all’interno di uno di tre palazzi costruiti negli anni ’70 a Modica, mostri edilizi dello IACP che non hanno superato i test di sicurezza e stabilità. Alcuni giorni prima della demolizione riesce ad avere i permessi per costruire un’installazione, simile ad un intervento di uno squatter, e in seguito ne registra la demolizione.

Testo di Loredana Longo

«Da alcuni anni affronto una tematica da me definita: “l’estetica della distruzione”.
La distruzione è un passaggio da uno stato a un altro, anzi forse è solo l’altro, cioè il residuo, quello che rimane. La sostanza, la materia, rimane ma cambia forma, spesso si polverizza, brucia.
Ho sempre pensato che il luogo di nascita e l’ambiente in cui si vive contribuiscano a formare la visione estetica di un essere umano. Io vivo in Sicilia, a Catania, una città distrutta decine di volte dalla lava, dai terremoti, devastata dalla speculazione edilizia e in cui tuttavia continua a emergere la bellezza del territorio. Questa bellezza si carica di una forza che nasce dalla resistenza a questi attacchi e dalla sua stessa distruzione. Il paesaggio vive in una tensione eterna. Io vivo in questa condizione, il mio pensiero segue questi principi.
Con le mie explosion, in cui costruivo scenografie di interni degli anni ’50, che successivamente facevo esplodere e poi ricostruivo nei particolari, denunciavo le tensioni all’interno della famiglia, l’aspetto decadente delle case borghesi. In un periodo più recente, il mio interesse si è spostato all’esterno, alle infinite sovrapposizioni di elementi costruttivi, l’utilizzo massiccio del cemento, frutto di una politica insensata e di legami con la mafia. Nascono i floor, pavimenti in cemento impoverito da oggetti, e le demolition, in cui il crollo di edifici o strutture denuncia l’abusivismo edilizio.

I primi di agosto sono venuta a conoscenza della demolizione degli  scheletri di tre palazzi costruiti negli anni ’70 a Modica, mostri edilizi dello IACP che non hanno superato i test di sicurezza e stabilità.
Il mio progetto consiste in un intervento all’interno di uno dei  palazzi per la realizzazione di un video. Alcuni giorni prima della demolizione riesco ad avere i permessi per costruire un’installazione, simile ad un intervento di uno squatter. Lo squatter è un individuo che si introduce abusivamente in uno spazio, accumulando oggetti che trova in giro, non segue un principio estetico ben preciso.
La visione diventa ancora più grottesca: edifici abbandonati da decine  di anni, vengono abusivamente abitati solo per alcuni giorni e abbattuti per sempre. In questo caso l’intervento dello squatter è quello dell’artista che modifica e abita lo spazio in quei giorni.
Il mio non è un gesto punitivo nei confronti dello squatter, ma  l’abbattimento colpirà degli edifici popolari e lo squatter concettualmente rappresenta l’unica forma di vita che abbia mai abitato quegli spazi.
Paradossalmente io sono lo squatter, la persona che si è introdotta  per costruire qualcosa, forse sono io sempre la vittima delle mie esplosioni, o forse io che faccio parte di quel sistema che continuamente si distrugge per rinnovarsi».

Testo di Francesco Lucifora

Il presente è un luogo apparentemente inafferrabile sono fatti di occasioni estemporanee non sempre facili da cogliere che spesso rimangono incomprensibili o relegate ad abitudini visive: ci ritroviamo a consumare senza verificare. Gran parte del paesaggio di cui facciamo parte si cristallizza dentro le giornate e le azioni sedentarie diventando l’unica visione, l’unica forma possibile di contatto con la realtà circostante. Questo vivere per accettazione di ciò che è dato diviene una particolare modalità di intendere il passaggio attraverso i luoghi e le forme che essi ci propongono da anni, immutabili, fermi: una fotografia incosciente. In antitesi a questo, avvengono fatti inusuali che cambiano e modificano radicalmente porzioni dei nostri paesaggi interiori ed esteriori, reazioni allo stato di cose, al proprio status individuale, culturale ed anche sociale. Il cambiamento può avvenire con una demolizione che organizzata e pensata rappresenta una soluzione immediata e subitanea ad una costruzione che va dal significato alla struttura fisica e materiale delle cose che circondano il nostro abituale movimento. Quando Loredana Longo apprende, nell’agosto scorso, che tre scheletri di edifici venivano fatti brillare il 4 settembre a Modica nella zona Treppiedi Nord, l’operatività di un artista estrema come lei diventa occasione unica per aggiungere un tassello alla sua “estetica della distruzione” che dalle esplosioni di ambienti borghesi degli anni ’60 e interni casalinghi ricostruiti per ricordare e poi eliminarne il ricordo, approda ad un evento raro quale l’atto della demolizione strutturale di corpi cementizi dello IACP in piedi da circa trent’anni e simbolo dell’avventata accelerazione edilizia degli anni ’70 che ha lasciato ovunque mostri e incubi dati dal progresso e dalla speculazione sui bisogni primari di larghe parti della popolazione italiana e in maggior parte di un sud che cresceva, in quegli anni, a livello sociale e  demografico. DEMOLITION#1 squatter mette sulla scena di grigi palazzi non finiti la presenza di chi trova temporaneamente dimora “squattando” e occupando uno spazio ai limiti del pericolo e della precarietà, prima che tutto sia raso al suolo per sempre. Loredana Longo unifica la distruzione alla fine di un momento di serenità di chi, idealmente, ha trovato un tetto subnormale sotto il quale essere persona , sotto il quale compiere gesti che solo una casa può consentire al di là della mancanza di quei confortevoli oggetti e strutture che ormai compongono la nostra vita quotidiana. Lo squatter porta oggetti di recupero e si adatta con quello che la società gli consente, dal perimetro di un palazzo in disuso, destinato ironicamente al “popolo”, ai suppellettili di scarto, ma di prima emergenza. Il piano del rudere di cemento si colora di tende, tavoli, librerie e utensili primari. Dal grigio, straborda il colore di un mix fatto di bisogni, confusioni e opportunità perdute prima che tutto finisca perché la stabilità è un lusso, un’utopia. Il lavoro della Longo va in profondità e non risparmia quei compartimenti umani e politici che a volta sembrano giocare con la vita degli altri incuranti delle procurate infelicità e delle vite messe al margine per interessi elitari che includono veramente poche persone. La distruzione avviene in pochi secondi, la nube di polvere è fitta. L’artista catanese approda ad un intervento che segna in maniera indelebile il suo percorso perché questa volta ogni passo è stato fatto con quella tenacia  che non si ferma davanti a niente, che non ha paura di osare per mostrare tutto l’inosservato che ogni istante ci passa davanti senza creare quell’indignazione che sarebbe il giusto innesco di una rivoluzione.

Biografia

Loredana Longo è nata e vive a Catania. Diplomata in pittura all’Accademia di Bella Arti di Catania, il suo lavoro consiste in performances documentate in video, foto, installazioni, esplosioni e ricostruzioni. Tra le mostre personali più recenti: Neither here nor there, Temporary Museum e Francesco Pantaleone Arte Contemporanea, Palermo 2011; CAGES, Artecontemporanea Bruxelles a cura di Antonio Arevalo, Bruxelles 2010; La notte poco prima della foresta, installazione per teatro, vari teatri 2010;  EXPLOSION#17 HAPPY NEW YEAR – Napoli. Teatro Festival Italia- Real Albergo dei Poveri- Napoli 2008. www.loredanalongo.com