“Devi farla sgambettare! Non deve stare ferma!!” diceva Marisa Merz ogni volta che vedeva la Roland Ultra RVU7, la macchina da stampa 4 colori arrivata alla GEA nel 1969 e che per molti anni dopo la dismissione della fabbrica è rimasta al suo posto in uno degli spazi di Assab One.
Marisa è stata accontentata: eccome se l’abbiamo fatta sgambettare!
Nel 2012, dopo essere stata per dieci anni il genius loci di Assab One, teatro di varie performance – memorabile quella orchestrata da Luca Pancrazzi e Steve Piccolo nel 2002 – dopo essere stata suonata, scalata, immortalata e avere dato il nome a un festival di letteratura la vecchia Roland è stata accompagnata fino in India dove ha avuto inizio la sua nuova vita in una fabbrica di coloratissime scatole di cartone per frutti esotici.
Il viaggio di Roland Ultra, iniziato nell’inverno del 2011 con lo smontaggio al cospetto dei tanti amici che erano venuti a salutarla e concluso con una gioiosa cerimonia di stampa in India nel 2012 e una grande mostra a Milano nel 2013, è uno dei capitoli della storia dei primi 20 anni di Assab One, nessuno dei quali è stato programmato, progettato nei dettagli, previsto.
Tutti sono il risultato di un processo organico, a cui hanno partecipato diversi elementi: l’edificio che ci ospita e le tracce mai cancellate del lavoro degli operai, la generosità e la genialità degli artisti che hanno contribuito a ridefinire gli spazi con la loro presenza e le loro opere, le voci, i gesti delle tante persone che sono passate di qui, curatori, volontari, stagisti e stagiste, corniciai, falegnami, muratori, imbianchini con cui abbiamo allestito mostre, gli amici architetti con cui abbiamo fatto ragionamenti e, di recente, realizzato alcuni delicati interventi che hanno reso possibile ospitare altre realtà come Studio Mumbai, Formafantasma e Threes productions.
“Stai attenta, con la memoria si può scrivere Guerra e Pace, ma anche un temino di seconda elementare” mi ammoniva Ettore Sottsass vent’anni fa mentre cercavo le parole per tradurre pensieri molto confusi su come immaginavo il futuro di quella fabbrica dismessa a cui speravo di riuscire a dare una forma compatibile con il suo passato in anni in cui, a Milano non si andava ancora a vedere l’arte nelle periferie.
Quei pensieri confusi non hanno mai prodotto il progetto strategico e imprenditoriale con cui cercavo di misurarmi allora, hanno pero’ dato luogo a una esperienza impagabile, ricca di belle sorprese e di emozioni condivise. Perché ad Assab One tutto è avvenuto in modo spontaneo, per incontri, inciampi, casualità, e per una certa ostinazione a rimanere in una zona neutra, aperta, di libertà, un po’ “freacketone” come scrive Johanna Grawunder nel suo intervento inventandosi un aggettivo che in inglese non esiste ma che rende bene l’idea a chi parla italiano…
Questo libro ASSAB ONE 2002–2022 racconta, nello stesso modo informale, che cosa è successo finora: attraverso immagini, soprattutto di backstage, che parlano da sé e alcune voci di chi ad Assab One si è sentito a casa. Per chi vuole orientarsi, percorrere con ordine questi 20 anni, qui di seguito c’è la cronologia delle mostre e, nelle ultime pagine, i nomi di tutti coloro che hanno partecipato a questa irripetibile storia collettiva.
Elena Quarestani