“La civiltà è costruita su fondamenta liquide. Un mondo in costante movimento, una cultura in continuo flusso e riflusso.”
Il lavoro di Bijoy Jain ha molto a che fare con le emozioni e nasce in gran parte dall’osservazione profonda di tutto ciò che si può trovare in natura – una percezione non contaminata dal giudizio. Formatosi come architetto, Bijoy considera l’uomo sinonimo di materia, dove la creazione si confronta con un contesto che è in continua trasformazione, un flusso continuo.
“C’è un linguaggio – dice – che viene costantemente scritto ed enunciato intorno e insieme a noi”.
Con la mostra Water, Air, Light Jain si interroga su come i fenomeni possono essere assorbiti e consumati, nonché sulla nostra interazione con il tempo, mantenendo una posizione di genuina e continua apertura verso la scoperta. Le superfici degli oggetti e la loro consistenza hanno origine dalla relazione tangibile tra l’artista e la materia, ed evocano l’istanza interiore di confondersi con essa. È attraverso questa dualità tra l’artista e il suo lavoro e tra l’opera e il suo spettatore che la mostra prova a trasmettere la reincarnazione di ciò che Jain definisce tenerezza.
“Attraverso le idee di spostamento – di superfici, massa, peso, densità – lo scopo è quello di esplorare e assecondare la relazione tra gli elementi di cui siamo fatti noi stessi e tutto ciò che ci circonda”.