Nella mostra di Adele Prosdocimi e nel libro che l’accompagna, la stratificazione affettiva è la chiave di lettura dei simboli che hanno delineato le fedi e il desiderio di credervi. Tra libro e mostra uno specchio invisibile rimanda l’uno all’altra: le immagini dei suoi lavori e di lei stessa si alternano, pagina su pagina, alle parole di maestri amati, a piante di edifici che rappresentano la storia dell’architettura pubblica e religiosa, ad appunti fotografici, alle sue mani che intagliano, ma anche – e non a caso è l’incipit del libro – al ritratto di “Lia regina dell’armonia del fare”. La sedimentazione affettiva personale, posta in prima pagina, ci guida alle passioni per le parole e per il fare altrui che Adele Prosdocimi condensa in questo libro, dove collega la sua biografia e la sua ricerca di storie soggettive ai simboli delle fedi che hanno unito e contrapposto uomini, donne, idee, emozioni, regole e lotte. Nella mostra le pareti della sua fragile architettura a pianta pentagonale sono costituite da carte bianche, sulle quali con la creta ha impresso la stella di Davide, la mezzaluna islamica, la croce cristiana, la falce e martello e la spirale, figura che mette in comunicazione e in movimento gli altri elementi, un edificio che si fonda sull’instabilità, sottolineata dai rigonfiamenti impressi alla carta dal peso, peraltro leggero, della creta. In un’altra installazione l’artista ci riporta all’origine attraverso grandi colonne ricoperte da fogli di carta dove i simboli si intrecciano e si sovrappongono in un registro narrativo in cui ognuno mantiene la propria peculiarità. Lo stesso fa anche attraverso l’intaglio e il ricamo, con i quali crea le immagini di questi archetipi. Con linguaggi manuali, legati alla dimensione intima e domestica riscatta con fermezza e autonomia la subalternità femminile rinchiusa nell’artigianato.