DESIGN FOR COMMUNITIES part 2

Giacomo Moor per LiveinSlums

Fotografie e video di Francesco Giusti, Filippo Romano, Alessandro Treves

A cura di Davide Fabio Colaci in collaborazione con Federica Sala da un progetto di LiveinSlums

aprile 2024

DESIGN FOR COMMUNITIES part 2

Giacomo Moor per LiveinSlums

Fotografie e video di Francesco Giusti, Filippo Romano, Alessandro Treves

A cura di Davide Fabio Colaci in collaborazione con Federica Sala da un progetto di LiveinSlums

aprile 2024

Foto di Alessandro Treves

ORARI DI APERTURA STRAORDINARIA ART WEEK & DESIGN WEEK
Dal 14 al 21 aprile 2024
dalle 11:00 alle 19:00

ORARI DI APERTURA
Dal 22 al 28 aprile 2024
dalle 15:00 alle 19:00
Accesso libero con tessera Assab One 2024 (€10)

INAUGURAZIONE
Sabato 13 aprile dalle 15:00 alle 21:00

Per maggiori informazioni scrivere a info@assab-one.org

Assab One presenta Design for Communities – Giacomo Moor per LiveinSlums, ONG che opera in territori urbani con forti criticità e il designer Giacomo Moor. LiveinSlums da anni compie un lavoro di rigenerazione urbana di grande valore, fornendo ai bambini e ai ragazzi di Mathare, uno degli slum più grandi di Nairobi, i mezzi necessari al loro reinserimento scolastico e lavorativo. Al centro dei suoi progetti, LiveinSlums mette il coinvolgimento degli abitanti stessi delle aree in cui interviene i quali ne diventano gli attori primari. Questa pratica garantisce loro la qualità per una “crescita umana durevole”, ma soprattutto l’autonomia necessaria per portare avanti i progetti.

Nel 2023 Giacomo Moor si è recato a Mathare per realizzare gli arredi destinati al dormitorio della scuola Why Not Academy, una scuola progettata e realizzata dall’architetto Gaetano Berni, che accoglie circa 300 bambini. Gli arredi – tavoli, panche e letti a castello – sono stati disegnati a partire da un sistema costruttivo, basato su incastri in sequenza, applicabile a diversi mobili.

Nel 2024 LiveinSlums prosegue la collaborazione con Giacomo Moor che si è recato nello slum questa volta per costruire il locale adibito a cucina per la mensa. Situata nel cortile del complesso e sopraelevata su un podio in cemento che la protegge da intemperie e alluvioni, questa unità minima è stata costruita insieme agli abitanti del luogo grazie a un sistema costruttivo modulare. Un’orditura primaria in legno massello, strutturale, ma leggera, scandisce con un ritmo costante il disegno dei prospetti e, grazie alla sua particolare geometria, permette a una serie di pannellature secondarie di scorrere al proprio interno. Facilità ad adattare le misure nelle tre dimensioni, autonomia costruttiva tra le parti e facile sostituzione dei singoli componenti sono i criteri progettuali che rendono questa microarchitettura estremamente flessibile ed esportabile in contesti socio-ambientali molto diversi. Alessandro Treves ha seguito la costruzione dell’architettura e presenterà in mostra un lavoro fotografico frutto del suo lungo soggiorno sul luogo.

Per raccontare il progetto al pubblico, gli spazi di Assab One, in occasione della Milano Design Week, ospiteranno una mostra nella quale verranno esposti la microarchitettura, in scala reale, rimodulata sullo spazio che la accoglierà e la ricerca fotografica di Alessandro Treves.

Un ringraziamento speciale va a Koalisation, partner nella realizzazione della cucina grazie alla donazione di quattro sistemi di cottura altamente innovativi.

Biografie

Giacomo Moor (1981), dopo la laurea in design con una tesi sui difetti del legno pubblicata su Abitare, fonda il suo studio a Milano nel 2009. Insieme al suo team multidisciplinare, composto da falegnami e progettisti, disegna prodotti per aziende, sviluppa collezioni per gallerie di design, progetta e produce interni per clienti privati, seguendo l’intero processo creativo. Il suo approccio empirico e risolutivo, la sua capacità di unire competenze tecniche ed estetiche, anticipando le problematiche legate alla lavorazione dei materiali, sono elementi costanti del suo metodo di lavoro.
Ha partecipato a mostre ed esposizioni a Parigi, Londra, New York, Singapore, Porto e altre città. Tra i suoi clienti: Acerbis, Desalto, Galleria Luisa Delle Piane, Giustini/Stagetti, Memphis, Spotti Milano, Triennale Milano, Wallpaper, Yoox.

Francesco Giusti (1969), fotografo documentarista orientato all’investigazione di tematiche contemporanee, di questioni legate all’identità, alle migrazioni, alle trasformazioni del territorio e del tessuto sociale. Nel corso degli anni ha esplorato diversi approcci: dal saggio foto-giornalistico al ritratto, dal progetto fotografico di lunga durata a ricerche più sperimentali. Ha ricevuto diversi riconoscimenti tra cui il World Press Photo nel 2010. È Docente di fotografia presso NABA e co-fondatore della ONG LiveinSlums.

Filippo Romano (1968) ha studiato fotografia all’I.C.P. di New York. È un fotografo documentarista che lavora su architettura e paesaggio urbano. Insegna nei master di fotografia NABA e IUAV. Ha collaborato con Domus, Abitare, Io Donna Newsweek e molte altre testate italiane ed estere, è socio fondatore della ONG LiveinSlums con la quale da 10 anni porta avanti un progetto su Nairobi.

Alessandro Treves (1988) nasce in un piccolo paese tra le montagne piemontesi e si trasferisce a Milano all’età di 18 anni. Inizia gli studi di farmacia, che poi abbandona durante un Erasmus a Oslo, dove rimane per lavorare come assistente in uno studio fotografico. Successivamente vince una borsa di studio presso l’Istituto Superiore di Fotografia e Comunicazione a Roma durante il quale entra come assistente presso lo studio di Paolo Pellegrin.
Oggi vive e lavora a Milano, occupandosi principalmente di progetti di editoria, moda e fotogiornalismo. In particolare ha scattato cover di album tra cui Marracash, Fabri Fibra, Salmo, Ernia, Ghali, Ghemon, Giorgia, Tommaso Paradiso e magazine cover per Vanity Fair, Rolling Stone, IO donna, Marieclaire, Les Hommes Public, Cap 74024, L’Officiel.
Negli ultimi anni si è avvicinato anche all’insegnamento collaborando con LiveinSlums, ONG attiva nello slum di Mathare, a Nairobi, dove è docente di fotografia presso la School of Curiosity.

LiveinSlums è una ONG che realizza progetti umanitari a favore di contesti svantaggiati dei paesi in via di sviluppo. Attiva dal 2008 in Italia e in diversi paesi (Kenya, Egitto, Romania, Brasile, Haiti), concentra il suo impegno negli slums delle megalopoli e nelle aree urbane fragili, attraverso programmi di sviluppo e rigenerazione urbana quali: progetti agricoli e paesaggistici legati alla produzione di cibo e alla sicurezza alimentare; allevamenti di animali, costruzione di scuole, attività di micro-credito.

Davide Fabio Colaci vive e lavora a Milano. Si forma tra la facoltà di architettura di Porto e il Politecnico della sua città, dove si laurea e consegue un dottorato di ricerca in Architettura degli interni e allestimento con Andrea Branzi. È professore di progettazione di Architettura degli Interni presso il Politecnico di Milano e docente del Master di Interior Design presso NABA. Nel 2012 fonda il suo studio con l’obiettivo di indagare gli spazi e le forme della contemporaneità, svolge attività critica indipendente come curatore per istituzioni e aziende.

Federica Sala, curatrice indipendente e design advisor formatasi nel dipartimento design del Centre Pompidou. Ha collaborato con Fabrica, miart, 5VIE Art+Design, Airbnb, Vogue Italia, Cassina… Nel 2018 ha curato con Patricia Urquiola la grande retrospettiva ACastiglioni alla Triennale di Milano e nel 2021 ha fatto parte del team curatoriale del neonato ADI Design Museum, curando la mostra su Giulio Castelli. Collabora con con Rizzoli International e da luglio 2022 è Direttore Editoriale di The Good Life Italia, rivista di business & lifestyle.

Raccontando il progetto per LiveinSlums, Giacomo Moor

La collaborazione con LiveinSlum, iniziata nel 2023 con il disegno degli arredi per il refettorio e per il dormitorio della “Why not Academy” dello slum di Mathare a Nairobi, prosegue con il progetto e la realizzazione di una piccola architettura dedicata alla preparazione e distribuzione del cibo per i bambini della stessa scuola.
Situata nel cortile del complesso e sopraelevata su un podio in cemento che la protegge da intemperie e alluvioni, questa unità minima è pensata per ospitare una cucina in grado di servire fino a 300 pasti al giorno.
La necessità di garantire un facile passaggio delle vivande dalla cucina verso gli studenti e allo stesso tempo di isolare la zona di cottura e preparazione dalla polvere e dal rischio di furti notturni ha influenzato in modo decisivo la logica di progetto; un’orditura primaria in legno massello, strutturale ma leggera, scandisce con un ritmo costante il disegno dei prospetti e, grazie alla sua particolare geometria, permette a una serie di pannellature secondarie di scorrere al proprio interno. In questo modo le facciate, a seconda delle esigenze, possono rimanere perfettamente chiuse o destrutturarsi permettendo alla luce di entrare in un dialogo costante tra interno ed esterno.
La completa autonomia tra telaio portante e pannellature di rivestimento consente una facile sostituzione degli elementi danneggiati, senza intervenire sull’ìintera struttura. Lo stesso principio costruttivo viene applicato al disegno della copertura che, completamente autonoma, si inserisce nel reticolo portante assecondando così la necessità di avere una falda più o meno inclinata a seconda delle condizioni ambientali del luogo di installazione dell’unità.
Facilità ad adattare le misure nelle tre dimensioni, autonomia costruttiva tra le parti e facile sostituzione dei singoli componenti sono i criteri progettuali che rendono questa microarchitettura estremamente flessibile ed esportabile in contesti socio-ambientali molto diversi.

Giacomo Moor

Testo di Elena Quarestani

Per la seconda volta Assab One partecipa a Design for Communities, la generosa iniziativa di Liveinslums, ospitando il nuovo progetto di Giacomo Moor per la Why not Academy che ha sede nello slum di Mathare insieme alle foto scattate sul campo da Alessandro Treves. Vedere tante competenze, tanti bravi professionisti impegnati su un progetto non profit è una esperienza impagabile, soprattutto in un momento in cui Milano esprime tutta la sua vocazione mondana e commerciale.

Un modo di operare indipendente dalle logiche di mercato che tuttavia produce ispirazioni, pensieri costruttivi e applicazioni concrete: l’espressione di una ricerca motivata da bisogni reali. Sono contenta di condividere questo progetto così coerente con lo spirito che da oltre vent’anni anima le attività di Assab One.

Elena Quarestani

Testo di Davide Fabio Colaci

Continuare un percorso progettuale per LiveinSlums ci pone di fronte a un tema importante: con quale attitudine è necessario pensare nuovi spazi per la comunità della Why Not Academy di Mathare in Kenya. È una domanda che ci siamo sempre posti per ogni progetto di Live in Slums ma in questa fase di trasformazione di un luogo così simbolico e operativo come la cucina, le cose sembrano avere una densità diversa.
Il progetto è sempre frutto di un processo collettivo, uno scambio aperto tra tantissime figure professionali, designers, curatori, architetti, fotografi e responsabili della ONG intenti ad analizzare, ascoltare e restituire proposte progettuali partecipate. La partecipazione in questo caso non è solo il trasferimento dei bisogni condivisi dalla comunità all’interno dello spazio ma è lo strumento operativo di un’evoluzione più complessa fatto per parti. Tasselli di esperienza, conoscenza e di rapporti tra le squadre che pensano, realizzano e costruiscono ma soprattutto di riflessioni da luoghi lontani che interpretano e supportano nella progettazione.
È in questa prospettiva che Giacomo Moor, insieme allo staff di Live in Slums, ha immaginato un luogo attraversabile, permeabile ma al contempo capace di chiudersi come una scatola magica e proteggersi durante la notte. Un modello di “spazio abitato” che attiva le relazioni con una serie di aperture scorrevoli e le valorizza nella quotidianità della consegna del pasto o nel conferimento dei viveri giornalieri (spesso scarsi). Come un gioco si apre e si modula sulle relazioni, sugli sguardi, sullo scambio fisico ma soprattutto sul valore simbolico di luogo flessibile, un’adattabilità che non è solo tecnica ma è relazionale.
Il suo valore infatti non risiede solo nell’aver restituito uno spazio più confortevole e funzionale, ma nell’aver riscritto una logica di relazione tra il dentro e il fuori, tra il dare e il ricevere, tra il gruppo e il singolo, ma soprattutto aver creato un modello replicabile per altre situazioni, per altri contesti e addirittura per altre funzioni. L’aspetto di questa nuova cucina non sarà dunque quello progettata solo da Giacomo Moor ma sarà quella modulata dai manovali e dalle esigenze giornaliere dei ragazzi della comunità che aggiungendo liberamente alcuni gradini per l’ingresso hanno risposto “Abbiamo fatto quei gradini solo perché era avanzato del colore!”.

Davide F. Colaci

Testo di Federica Sala

L’idea di una seconda edizione di Design for Communities è partita quasi subito, non dico proprio durante il fuorisalone dell’anno scorso ma poco dopo. Era come se tutti avessimo in bocca la sensazione di dover andare avanti, di dover approfondire. Non per necessità di chiudere il cerchio, anzi, proprio per la consapevolezza che certi cerchi non sono mai chiusi.
In fondo la lezione più grande del senso di comunità è proprio la capacità di fare delle cose insieme che, poco a poco, ci avvicinino agli obbiettivi che ci si era prefissati.
Il tempo poi, è bislacco, in alcuni luoghi scorre più lentamente mentre in altri più velocemente.
O per lo meno la nostra percezione del tempo cambia e cambiando la scala di valori ad essa collegata, le impellenti forze del “nuovo” che quasi sempre animano le presentazioni durante la settimana del Salone del Mobile, perdono di forza. Mentre ne acquista il desiderio di andare avanti, nell’approfondire una tematica, di continuare a contribuire ad una trasformazione.
Scommettiamo quindi sul lungo periodo, nel piantare un seme che un giorno diventerà un albero, allontanandoci da quella forzata idea che si debba sempre pensare al futuro, quasi sorvolando il presente. Ecco invece Design for Communities è un progetto fondato sul presente. Hic et nunc nel vero senso della parola: sempre Mathare, oggi e non domani.

Federica Sala

Testo di Silvia Orazi

In un contesto di povertà severa come quello di Mathare, garantire un pasto giornaliero agli alunni è una componente fondamentale che incide sul buon funzionamento di una scuola e sul raggiungimento di un sufficiente numero di iscritti.
La dispersione scolastica è infatti spesso generata dalla mancanza di cibo nelle scuole.

L’insicurezza alimentare è una delle principali problematiche che affligge tutte le baraccopoli di Nairobi. In questi contesti la malnutrizione infantile è molto diffusa, con punte di malnutrizione acuta nelle famiglie più indigenti.
A Mathare una percentuale preoccupante di bambini (circa il 50%) subisce l’arresto della crescita per questo motivo.

Per ridurre la povertà e l’esclusione sociale negli insediamenti informali di Nairobi, le ong considerano fondamentale lavorare su tre fattori centrali nella lotta all’insicurezza alimentare nelle città: agricoltura urbana, economia familiare e ambiente.
La nuova cucina progettata per la Why Not Academy ambisce a diventare anche punto d’arrivo di una produzione agricola autogestita dalla scuola, che possa garantire un’alimentazione adeguata a tutti i bambini.

A Nairobi nel 2023 la percentuale di gente povera per mancanza di cibo è passata dal 38 al 41 percento. La % è invece in riduzione nel resto del Kenya, dove comunque si assesta al 27%.
Si stima che a Mathare solo 35% della popolazione possa fare 1 pasto al giorno.

Silvia Orazi

  • Giacomo Moor, design process, 2024
  • Foto di Alessandro Treves
  • Foto di Alessandro Treves
  • Foto di Alessandro Treves
  • Giacomo Moor, modello in bianco e nero, foto di Alessandro Treves
  • Foto di Francesco Giusti
  • Foto di Francesco Giusti