Mikayel Ohanjanyan

E… se non ci fosse la scrittura?

a cura di Mazdak Faiznia

Mikayel Ohanjanyan

E… se non ci fosse la scrittura?

a cura di Mazdak Faiznia

Mikayel Ohanjanyan, E… se non ci fosse la scrittura?, 2024, dettaglio. Foto di Nicola Gnesi
Mikayel Ohanjanyan, E… se non ci fosse la scrittura?, 2024, dettaglio. Foto di Nicola Gnesi

INAUGURAZIONE
Giovedì 26 settembre 2024
dalle 18:00 alle 21:00

ORARI DI APERTURA
Dal 27 settembre al 8 novembre 2024
Da mercoledì a venerdì
15:00 – 19:00
Sabato su appuntamento

Accesso libero con tessera Assab One 2024 (€10)
Per maggiori informazioni scrivere a info@assab-one.org

E… se non ci fosse la scrittura?

Assab One presenta una personale dedicata all’artista Mikayel Ohanjanyan a cura di Mazdak Faiznia.

Lo Studio 3 accoglie la grande installazione site-specific dell’artista armeno Mikayel Ohanjanyan, che per l’occasione realizza un’opera pensata appositamente per gli spazi di Assab One.
Cinque blocchi di basalto di varie dimensioni avvolti da cavi d’acciaio che li trattengono con forza al suolo occupano vigorosamente l’intero spazio espositivo. Frutto della più recente ricerca dell’artista, l’opera parte dalla riflessione sul tema dei legami indagandone le diverse manifestazioni fisiche o metafisiche: i legami interpersonali, quelli con la natura e l’universo, con il nostro mondo interiore ed esteriore.
Sulle superfici degli elementi in pietra alcune schegge fuse in piombo riportano ripetutamente una frase: “E… se non ci fosse la scrittura?”. Ohanjanyan recupera antichi poemi e racconti sulla comparsa della scrittura e ne evidenzia il valore nell’esistenza umana e nella creazione di legami intrecciando la sua ricerca alla storia del luogo che ospita l’installazione. Il titolo della mostra è una domanda provocatoria che invita a ripensare il significato simbolico della scrittura in uno spazio che un tempo, all’interno dell’azienda grafica GEA, aveva il ruolo di stipare la carta utilizzata per la stampa.

La scrittura, come i legami, – spiega il curatore Mazdak Faiznia – con tutta la sua ricchezza, diventa indispensabile per un nuovo slancio e per un nuovo cammino, un punto cruciale in cui si innesca la scintilla verso l’ignoto, che ci impone di superare il perimetro della nostra personalità e, in verità, di scoprire noi stessi”.

 

L’artista ringrazia:
AGBU Arts
e
Fondazione Stefano Serapian

Testo di Mazdak Faiznia

E… se non ci fosse la scrittura?

La scrittura, nella sua essenza più profonda, è molto più di un semplice mezzo di comunicazione: è un ponte tra il passato e il presente, un testimone del nostro essere e un veicolo di conoscenza e sapere.
L’installazione di Mikayel Ohanjanyan, realizzata per gli spazi di Assab One, nasce da una riflessione sulla storia del luogo che ospita quest’opera: uno spazio con una lunga tradizione legata alla scrittura, un’ex stamperia dove venivano pubblicati cataloghi d’arte ed enciclopedie.

La sua ricerca attuale si concentra sul tema dei “legami”, che sono sempre il risultato di una profonda osservazione delle infinite forme dei legami umani: legami con noi stessi, tra il nostro mondo interiore ed esteriore, con gli altri, fisici o metafisici, con la natura e l’universo. In questa occasione l’artista affronta il tema della scrittura, consapevole della sua importanza nella nostra civiltà, ma anche della sua dualità.
La domanda “E… se non ci fosse la scrittura?” non è solo una provocazione, ma un invito a ripensare questo mezzo fondamentale, forse a rivalutare il modo in cui lo utilizziamo e a considerare come potremmo trascenderlo.

La più antica testimonianza archeologica sullinvenzione della scrittura si trova nel poema sumerico Enmerkar e il signore di Aratta, il primo di un ciclo che narra del conflitto, probabilmente reale, tra le città di Uruk e Aratta intorno al 3000 a.C. Questo poema, tuttavia, non descrive scontri armati, ma racconta l’andirivieni di un messaggero che trasmette i pensieri dei due sovrani. Il momento più significativo è quando il re di Uruk, trovandosi a dover trasmettere un messaggio troppo complesso per essere ricordato dal messaggero, inventa la scrittura. Da quel momento, la scrittura diventa un elemento cardine della nostra civiltà.

Mikayel Ohanjanyan esplora questo concetto, osserva lo spazio, vi riflette, evolvendo consapevolmente la sua ricerca sui legami in una dimensione spaziale, creando unopera inedita, complessa e simbolica, influenzata dall’ambiente stesso. La sua installazione site-specific è composta da blocchi di basalto informi di varie dimensioni, avvolti da cavi d’acciaio che li trattengono con forza, stringendoli al suolo.
I solchi profondi creati dai cavi generano una tensione visiva e concettuale, come se a queste pietre, metafora dellessere umano, venisse impedito di volare. Le sommità dei cavi, legate alle schegge degli stessi blocchi fuse in piombo, rimandano alle lettere di piombo usate in tipografia, connettendo materiale e concetto.
Le superfici incise dallartista riportano scritture che ripetono la frase del titolo dellopera: E… se non ci fosse la scrittura?”.

Questa domanda ci invita a riflettere sulla scrittura come una metafora della vita e delle relazioni umane; con tutta la sua importanza indiscutibile, diventa simbolicamente un luogo di confine, una soglia da superare, in cui è vitale comprendere ed assorbire lessenza e il contenuto della scrittura stessa, avendo il coraggio di compiere liberamente il passo successivo, evitando di rimanere intrappolati nella scrittura. Ciò non significa negare il preesistente, bensì vivere il presente con lintensità e la consapevolezza di ciò che siamo.
Nella letteratura vedica si narra che la scrittura fu inventata perché lessere umano non era più capace di ricordare e quindi ne necessitava. Lartista osserva che oggi, facciamo fatica anche a comprenderla, a decifrare la sua essenza”.

Il progetto di Ohanjanyan invita a riflettere su questo aspetto contemporaneo della scrittura, sulla sua dualità come simbolo, dove il confine tra la sostanza nodale e la capacità di accoglierla ed assimilarla è quasi impercettibile, ma allo stesso tempo determinante. Quindi, la scrittura, come i legami, con tutta la sua ricchezza, diventa indispensabile per un nuovo slancio e per un nuovo cammino, un punto cruciale in cui si innesca la scintilla verso lignoto, che ci impone di superare il perimetro della nostra personalità e, in verità, di scoprire noi stessi.

Si lega con lUniverso chi riesce a superare i legami con se stesso– Rumi.

Biografie

Mikayel Ohanjanyan (Yerevan, Armenia, 1976) vive e lavora tra Firenze e Carrara. Ha ricevuto la sua formazione presso l’Accademia Statale di Belle Arti di Yerevan e l’Accademia di Belle Arti di Firenze.

Il suo percorso artistico ha inizio con una formazione classica, che gradualmente si evolve verso un linguaggio espressivo personale e di ricerca. Al centro della sua opera c’è sempre l’essere umano, esplorato nelle sue dimensioni interiori ed esteriori. Questo viaggio artistico è evidente nelle serie Prospettive Introverse e Materialità dell’Invisibile, opere che testimoniano un’evoluzione continua e variegata.
Attualmente, la sua ricerca si concentra sul tema dei legami, raccolto sotto il titolo Legami. In questa serie, l’artista esplora le molteplici sfaccettature del concetto di legame, da quello fisico a quello metafisico, indagando il rapporto tra l’essere e la sua essenza, i legami interpersonali e quelli con la natura e l’universo.

Ohanjanyan ha partecipato a numerosi eventi di rilievo internazionale, tra i quali nel 2015 é stato uno degli artisti partecipanti al Padiglione Nazionale dell’Armenia, vincitore quell’anno del Leone d’Oro della 56ª Biennale d’Arte di Venezia. Nel 2016, ha presentato due grandi installazioni site-specific per il progetto La Statale Arte presso l’Università La Statale di Milano. Inoltre il suo progetto Diario è stato selezionato per il Frieze Sculpture Park, esposto al Regent’s Park di Londra. Quest’opera fa ora parte della collezione permanente dello Yorkshire Sculpture Park.
Nel 2017, ha partecipato alla 1ª edizione di STANDART, la Triennale d’Arte Contemporanea dell’Armenia, e lo stesso anno alcune sue opere sono state esposte alla Fiac – On Site, all’aperto di fronte al Petit Palais di Parigi. Nel 2018, ha vinto il Premio Internazionale d’Arte Contemporanea E. Marinelli per il Museo dell’Opera del Duomo di Firenze, dove la sua opera è ora parte della collezione permanente.
Tra gli altri riconoscimenti, si annoverano il Premio Targetti Light Art (2009) e il Premio Henraux (2014).

Attualmente, Mikayel Ohanjanyan è impegnato in un progetto per la realizzazione di opere liturgiche, selezionato nel concorso indetto dalla CEI / Vaticano nel 2021, destinate alla nuova chiesa dedicata a Don Giovanni Bosco a Bagheria, in Sicilia.

Mazdak Faiznia (Kermanshah, Iran, 1982) è un curatore d’arte contemporanea, vive e lavora tra Milano e Zurigo. Il suo lavoro si concentra su prospettive interculturali e transculturali negli ecosistemi globali dell’arte contemporanea. Dopo aver studiato elettronica in Iran, nel 2009 si è trasferito in Italia, dove ha studiato Pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano. Successivamente, nel 2015, ha conseguito un master in Visual Culture e Curatorship presso la stessa Accademia. Nel 2021, ha completato un dottorato di ricerca in Economia e Management Culturale all’Università di Roma Tor Vergata, con una tesi sulle sfide di sostenibilità delle organizzazioni non-profit nell’arte contemporanea.

Dal 2014 è direttore artistico della Fondazione Famiglia Faiznia, un’organizzazione no-profit dedicata all’arte e alla cultura contemporanea, per la quale ha curato numerose mostre e realizzato vari progetti culturali, tra cui: 2015, curatore del Padiglione Nazionale dell’Iran alla 56a Biennale di Venezia insieme a Marco Meneguzzo, presentando il progetto The Great Game, che ha visto la partecipazione di 52 artisti contemporanei provenienti da Iran, Armenia, Iraq, India, Afghanistan, Azerbaijan, Pakistan e dalle regioni curde. Nello stesso contesto, ha curato l’evento parallelo The Little Game Called Architecture. 2015, progetto Dusting the Earth per il restauro della scultura Sfera di Arnaldo Pomodoro, parte della collezione permanente del TMoCA a Teheran. 2016, direttore artistico dell’evento collaterale Architecture for the People, by the People del Museo TMoCA alla Biennale di Architettura di Venezia e del progetto Rediscover Design alla XXI Triennale di Design di Milano. 2017, in occasione del summit dei paesi francofoni in Armenia, ha curato la grande mostra Soundlines of Contemporary Art in 7 musei e luoghi storici di Yerevan, con la partecipazione di 70 artisti da tutto il mondo. L’evento ha coinvolto numerose istituzioni della capitale, con una ricca programmazione pubblica, produzioni di opere site- specific e workshop tenuti dagli artisti invitati. 2019, produzione di una grande installazione di Chiara Dynys per la mostra retrospettiva Enlightening Book presso il museo MACRO di Roma, curata da Giorgio Verzotti. 2021, pubblicazione della monografia di Shahriar Ahmadi, curata da Marco Meneguzzo. 2022, curatore della mostra retrospettiva di Shahriar Ahmadi presso il Niavaran Cultural Center. Mazdak Faiznia ha inoltre collaborato con case editrici come Skira, Silvana Editoriale e Manfredi Maretti.

Dal 2017, è co-fondatore e Direttore Artistico di NOMAD Contemporary Heritage, una piattaforma multidisciplinare per le industrie creative e culturali, focalizzata sulla trasformazione di queste industrie attraverso innovazioni digitali e tecnologiche, sostenibilità e impatto sociale.

  • Mikayel Ohanjanyan, E… se non ci fosse la scrittura?, 2024, dettaglio. Foto di Nicola Gnesi
    Mikayel Ohanjanyan, E... se non ci fosse la scrittura?, Assab One Studio 3, installation view. Photo by Nicola Gnesi
  • Mikayel Ohanjanyan, E… se non ci fosse la scrittura?, 2024, dettaglio. Foto di Nicola Gnesi
    Mikayel Ohanjanyan, E... se non ci fosse la scrittura?, Assab One Studio 3. Photo by Nicola Gnesi
  • Mikayel Ohanjanyan, E... se non ci fosse la scrittura?, Assab One Studio 3, installation view. Photo by Nicola Gnesi
  • Mikayel Ohanjanyan, E... se non ci fosse la scrittura?, Assab One Studio 3, installation view. Photo by Nicola Gnesi

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