a cura di Michela Eremita
con l'Archivio Andrea Marescalchi
dicembre 2022 - gennaio 2023
a cura di Michela Eremita
con l'Archivio Andrea Marescalchi
dicembre 2022 - gennaio 2023
ORARI DI APERTURA
Dal 30 novembre al 20 gennaio
Dal mercoledì al venerdì dalle 15:00 alle 19:00
INAUGURAZIONE
Opening Domenica 27 Novembre dalle 16:00 alle 19:00
Accesso libero con tessera Assab One 2022/2023 (€10).
Per maggiori informazioni scrivere a info@assab-one.org
ingresso con tessera associativa 2022/2023 (€10)
Dalle vedute del Kailash, sacra montagna del Tibet, fino alle ultime opere dal titolo Deità, eseguite nel 2015, i lavori presenti in questa prima mostra di Andrea Marescalchi dopo la sua scomparsa richiamano senza filtri un afflato spirituale. Tutti i soggetti, siano essi animali, paesaggi o oggetti, trascendono il reale, caricando l’immagine di mistero. Il quadrato magico dei numeri, segno distintivo della pratica di Marescalchi, sovrasta spesso le varie rappresentazioni realizzate in bianco e nero, a inchiostro su carta o su tela. Una tecnica che richiede un esercizio del gesto e un rigore assoluto del segno.
La mostra, realizzata in collaborazione con l’archivio Marescalchi si compone inoltre di una breve carrellata di documenti cartacei e fotografici che permette di conoscere i percorsi di studio e di ricerca e i compagni di strada che hanno accompagnato l’artista nel corso della sua pratica.
Andrea “Bobo” Marescalchi (Roma 1954 – Firenze 2015) frequenta il liceo artistico di Firenze e successivamente l’Accademia delle Belle Arti.
Abbandonati gli studi, nel 1975 inizia a dedicarsi alla grafica, si interessa all’arte calligrafa orientale e si allena a replicare la velocità del gesto della scrittura mentre approfondisce le tecniche e i materiali utilizzati.
Oltre a condurre la sua ricerca personale, collabora con altri artisti producendo lavori eseguiti a più mani e lavora come assistente di Alighiero Boetti e Sol Lewitt.
Affascinato dalla matematica, dalla simbologia dei numeri, dalla ripetitività e dalla perfezione aritmetica, sviluppa una pratica in cui l’oggettività dell’immagine dialoga con elementi inaspettati. Quadrati magici, carte da gioco, forme geometriche, numeri colorati di rosso o di giallo si sovrappongono all’immagine principale eseguita a china, con toni di nero e grigio.
Nel 2002 sposta il suo storico studio di via Toscanella a Firenze in un nuovo spazio in Borgo Albizi, sempre a Firenze, dove continuerà a lavorare fino agli ultimi giorni della su vita. Suoi lavori sono conservati presso numerose collezioni private in Italia e all’estero.
Mostre Personali
2014
Paso Doble, Casa dei Mori, Venezia
2010
La scimmia, l’immagine, il suo doppio, Art for the world, Open Care, Milano
Montaña, Galèria arte sonado, Madrid
2008
Tra me e te c’è qualcuno che guarda, Galleria Santo Ficara, Firenze
2004
Isole annodate a pesci, Galleria 9, via della Vetrina Contemporanea, Roma
2003
Andrea Marescalchi, Limonaia di Villa Strozzi, Firenze
2002
Colpo di mano sul Monte dei Draghi, Galleria Seno, Milano
1998
Il punto, Galleria Continua, San Gimignano
1997
Peindre? Andrea Marescalchi, Galleria Krieff, Parigi
Andrea Marescalchi, tensions, Galleria Mottier, Ginevra
1994
One man show, Autorimessa, Roma
1989
Andrea Marescalchi, Museo Riz à Porta, Firenze
Mostre Collettive
2019
Il Profumo delle fiabe | Cappuccetto Rosso, Santa Maria della Scala | Museo d’arte per bambini, Siena
2018
Il Terzo Giorno, Palazzo del Governatore, Parma
2017
Aqua, ART for the World, Château de Penthes, Ginevra
2016
Cosmic Connections, Galleria David Totah, New York
2014
Anda e rianda, Binnenkant 21, Amsterdam
2012
Muro di china, Galleria Eva Menzio, Torino
2011
Forest magic mountain, Il bosco dei poeti alla FAO, Roma
2006
Seeing… blue, The gallery at Buck house, New York
2005
Donna donne, ART for the World, Palazzo Strozzi, Firenze
2002
Continuità, arte in Toscana 1990-2000 e collezionismo del contemporaneo in Toscana, Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci, Prato
1997
Meditation, ART for the World, Medersa Ibn Yqussef, Marrakesh
1995
Dialogue de paix, ART for The World, Palazzo delle Nazioni, Ginevra
1993
Improvvisazione Libera, Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci, Prato
1992
Doppio gioco, Galleria Bonomo, Roma/ Bari – San Domenico, Spoleto
Michela Eremita, storica dell’arte, cura progetti multidisciplinari, oltre a collezioni e mostre in varie città e contesti quali Manifesta (2018) e La Biennale di Venezia (2023). È responsabile presso il Museo Santa Maria della Scala (Comune di Siena) di progetti di ricerca legati all’arte contemporanea e del Museo d’arte per bambini – di cui è cofondatrice (1998) – per il quale ha curato una collezione internazionale dedicata all’infanzia con sviluppo diacronico di oltre 400 opere di artisti e artiste.
Un post it
Di Michela Eremita
Questa mostra, la prima dedicata ad Andrea “Bobo” Marescalchi dopo la sua scomparsa, nasce con la collaborazione dell’archivio fondato dagli eredi con lo scopo di far conoscere e di valorizzare la sua ricerca e unisce persone che lo hanno conosciuto o affiancato nella sua incessante pratica dell’arte, spazio del pensiero e dell’azione che per lui erano coincidenti con la ritualità del gesto.
Il titolo, eloquentemente, lo richiama in presenza, e fa riferimento a un foglio di carta che lui aveva sistemato con discrezione, a mo’ di post it, all’ingresso dello studio di Firenze: IO SONO MARESCALCHI.
Instancabile, curioso e versatile… aggettivi che, pur se con incompiutezza, tracciano le attitudini dell’artista, sempre aperto alle sperimentazioni con la particolare propensione ad aggiungere, spesso, accenti ironici al suo fare. L’ironia, si sa, è un Giano bifronte, una lama che aprendo scenari leggeri può̀ distrarre rispetto allo squarcio compiuto. E proprio in quel dove squarciato possiamo trovare la ricerca rigorosa riservata alla τέχνη, con le implicazioni connesse a partire da quelle empiriche, richieste, ad esempio, dall’inchiostro su carta – il suo linguaggio prediletto. Chiave di volta per inabissarsi nello studio/ricerca della sintesi assoluta che il gesto, inteso come unione della volontà̀ con la natura delle cose, potesse rappresentare.
Ed ecco che, da questa angolazione prospettica, quanto espresso/impresso o rilevato dal bianco (vuoto apparente) delle superfici delle carte di riso acquista un senso tutto diverso. Le carte si trasformano in dimore/spazi per presenze (animali o inanimate non importa) che trascinano l’occhio e la mente verso una tensione continua tra l’indicibile e il detto. La figurazione di Andrea Marescalchi ha la potenza di prescindere dalla fisicità̀ pur così fortemente evocata da apparire simil il vero (insidia vera per lo spettatore).
Ma la materia non interessa in quanto materia (non a caso è dominante l’uso del bianco e nero), ma come veicolo per l’ineffabile che alberga inessa. E la tecnica richiesta per la stesura dell’inchiostro diventa, quindi, con naturalità, la sua pratica per esprimere la complessità̀ dell’esistere con la volatilità della leggerezza. Animali, paesaggi – non a caso il Kailash, la sacra montagna del Tibet – e oggetti lasciano trasparire, eloquentemente, il mistero e il segreto che si cela nella vita.
Il talento magistrale dell’esecuzione porta a rendere il gesto, pittorico e rapido, un segno efficace dell’immediatezza e della naturalità delle cose, senza artificio. Ed è proprio l’utilizzo dell’inchiostro (su carta o su tela), infatti, ad enfatizzare la rapidità di ciò che non è dato mutare e che si cela nell’ineffabile. Il quadrato magico, con il suo inappellabile rigore matematico, che sovrasta spesso le rappresentazioni, non fa altro che aggiungere mistero al mistero, lasciando lo spettatore spesso rapito (e distratto) dalla bellezza con cui la mano riesce a rappresentare i soggetti nella trappola della verosimiglianza.
Per “Io sono Marescalchi” quindi sono stati scelti alcuni lavori che ci parlano della sua ricerca di spiritualità e che, in particolare rievocano Paso Doble (una delle sue ultime mostre a Venezia in cui aveva presentato una serie di vedute del Kailash e le Scarpe Serene) a cui si aggiungono Deità, le ultime opere eseguite nel 2015, poco prima della sua scomparsa, dedicate senza veli a soggetti dall’afflato spirituale. Si aggiungono altri lavori come il nodo, il tappeto (l’unico) realizzato in Afganistan e alcuni animali di periodi precedenti che condividono sensibilità e linguaggio con le altre opere in mostra.
Una breve carrellata di documenti permette poi di accedere a studi e visioni sviluppati nel tempo oltre a testimonianze delle collaborazioni intrattenute dall’artista nel corso della sua vita.
Che altro dire… solo aggiungere un piccolo pensiero sull’evidente bellezza, operazione estetica con cui lui rivestiva le forme di vita. Ma la cosmesi può distrarre, può dirigere l’occhio a soffermarsi sulla superficie e farsi catturare da essa, mentre, facendo l’occhio puntuto, si intravede lo scintillio della vita che le rende animate e soprannaturali.
(..)
Vidi presso il fiume un grande bufalo, coperto di fango,
che guardava in giro con occhi placidi e pazienti;
un ragazzo, nell’acqua fino al ginocchio, lo chiamava
per farlo bagnare.
Sorrisi compiacente ed ebbi un senso di dolcezza
che m’invase il cuore.
Rabindranath Tagore (রবীন্দ্রনাথ ঠাকুর)
Ho conosciuto Bobo con Alighiero Boetti, negli anni ’90 e ho avuto l’occasione di vedere le tele e i disegni nello studio di Firenze, dove ho ritrovato nel talento, nella facilità di trasformare una parola, un’immagine, in un’opera, lo stesso ritmo mentale di Alighiero. Col tempo, Bobo é diventato un amico e un complice lo é tutt’ora, perché i sentimenti non scompaiono con le persone, restano ed eventualmente crescono.
Durante gli ultimi 20 anni, abbiamo lavorato spesso insieme per le mostre itineranti di ART for the World, dove Bobo ha creato opere in sintonia con l’essenza del luogo e del tema del momento, come lo struzzo fatto di carte da gioco, con la testa nascosta nella terra, per il 50° delle Nazioni Unite, nel ’95; la serie di acquarelli di uccelli ispirati al libro Converazione degli Uccelli del maestro Sufi Farīd ad-Dīn ʿAṭṭār, parte della mitica mostra Meditations nella Madrassa Ibn Yussef di Marrakech, nel ’96; per Donna, Donne a Palazzo Strozzi, nel 2006, l’enorme pittura della Donna Afgana, o ancora la telai bianco nero Avida Diva della scimmia/narciso che si riflette nell’acqua, esposta ad Open Care a Milano nel 2010 e più tardi alla mostra Aqua, 2017 a Ginevra… ma già Bobo non c’era più.
Ho, a casa, una tela di Bobo. E’ il ritratto di un giaguaro il cui sguardo non mi stanco mai di incrociare… e credo proprio che questo giaguaro mi abbia spinto a produrre il recente film Interactions sul rapporto uomo-animale.
Bobo riesce a trasmetterci delle immagini che pur essendo un suo personale ricordo del mondo, sono più che mai importanti oggi. Sono la grande anima della natura: attraverso l’imponenza maestosa delle vette e della forte apparenza degli animali, le sue pitture formano uno speciale connubio da cui prendere l’energia.
AvF, novembre 2022