Pino Guidolotti

Luna crescente

Casino di Sarmenta, Lecce

settembre 2014

Pino Guidolotti

Luna crescente

Casino di Sarmenta, Lecce

settembre 2014

Pino Guidolotti, Casino di Sarmenta, 2014

Il Casino di Sarmenta (1882) un tempo casino di caccia, oggi accogliente luogo di ameni convivi e libagioni si trova in agro di Sanarica, in provincia di Lecce.

 

Pino Guidolotti, al culmine della sua carriera di fotografo (di moda, di ritratti, di architettura) ha scelto, anche ispirato dalla sua amicizia con Ernst H. Gombrich, di privilegiare la riproduzione del patrimonio artistico, collaborando con celebri studiosi, archeologi e collezionisti. Da due anni vive in un piccolo centro a sud di Lecce dove fa molte passeggiate nella natura e dove ha abbastanza tempo per fermarsi,  guardare, raccogliere quello che gli piace, che cattura la sua attenzione, mette in moto i suoi pensieri. A casa, nel suo studio, nel suo giardino, il raccolto cambia stato, assume forme diverse, rimane riconoscibile, ma diventa poesia.

Prove generali di un futuro che ci piace, di Eugenio Alberti Shatz

Nel 2045 non ci saranno più artisti. Saremo tutti artisti. Le fabbriche saranno chiuse, o lontane, o mandate avanti da robot più bravi e nitidi di noi. Gli uffici saranno aboliti per decreto perché luoghi poco ospitali e non inclini all’espressione dei talenti. Le associazioni di filantropia saranno estinte perché saranno finite le buone cause. Avremo inventato il vaccino contro le guerre, vivremo in un piccolo paradiso e appunto saremo tutti artisti. Andremo tanto a cena dagli amici a Pantelleria, a Utrecht o a Varsavia. Attenzione, “andare a cena” non vorrà dire mangiare buone pietanze ma cibarsi di simboli e bellezza. I doni scambiati non saranno mai più materiali, o almeno non in prima battuta. Oggi, in Salento, abbiamo fatto una piccola prova generale.

Sperduti in una coltre di alberi d’argento. Dentro un  casino di caccia che sembra esistere lì da prima di tutto il resto, con i suoi racconti di selvaggina e di perdizione (l’amante del Duca era una donna del popolo, certo, ma istruita nell’arte di conversare con gli occhi, e poi caccia+perdizione=arte), e di contadini eccentrici amici solo dei cani, una cerniera perfetta fra il suolo rossiccio, le mangiatoie per i cavalli e il lavello di pietra, il piano per ristorarsi, e sul tetto la postazione astronomica per toccare il cielo con le dita, e parlarci se ne hai voglia. Questo Casino di caccia, accidenti, è talmente perfetto da fare gelosia e rendere ridicole anche le vite più riuscite. È più di un castello, è propriamente una residenza che consente di ritrovare il proprio baricentro annebbiato e ritracciare la rotta.

Bene, qui – vogliamo chiamarlo ombelico provvisorio del mondo? – questa sera è venuto a cena da noi Pino Guidolotti. I fotografi hanno quell’espressione da marinai che sembrano sempre capitati lì per caso, anche quando stanno per scattare l’immagine di una vita. Pino ha attraversato i marosi non fidandosi di quello che vedeva, nemmeno dentro se stesso, che è un modo molto giusto per non far addormentare la vista interiore. Detto per inciso, avremmo potuto anche solo guardare lui e scrutargli l’iride ascoltando i suoi racconti omerici su personaggi mondani senza tempo (D’Annunzio e la contessina in fiamme, Sottsass e la faccia da portoghese triste…). Ma Pino è una persona generosa e ci ha portato i suoi manufatti, gli esercizi “da ergastolano”, come li chiama lui, perché nessuno glieli ha commissionati. Ogni cosa cade con dolcezza nell’alveo del luogo, come una biglia. Ogni cosa bisbiglia cose al nostro orecchio. Chuchotage. Dopo un po’ ti lasci cullare dalla luna, dalle fronde, dal suolo gommoso, dalla pietra che leviga l’occhio, dalla curiosità sui volti, dai musici sul tetto, dalle fiamme. Forse cominci a distinguere le parole. Io ho capito così.

Le sentinelle bianche. Stanno sui pali. Sono lì per annunciare il tuo arrivo agli ospiti che sono già dentro. Ti guardano in silenzio. Si muovono impercettibilmente. Infondono sicurezza. Sono un coro che suggerisce la disposizione d’animo con cui fare il tuo ingresso.

Il fiume sacro. Una struttura di legno separa l’ambiente in due, ricorda l’iconostasi delle chiese ortodosse. C’è una foto in bianco e nero del Gange. Pino è molto legato all’India, dove ritorna ogni anno per almeno un mese e fotografa antichi monumenti. Vuoi salire? Bagna l’occhio nel fiume tranquillo. I fiumi sono il collirio dell’anima.

Il planetario vegetale. Sulle scale, le foglie di palma seccate e dipinte di bianco creano un congegno meccanico che rimanda a sistemi di astri sconosciuti eppure familiari. Stai salendo, fai attenzione a dove metti i piedi: sugli scalini e nel cosmo. Calder, Munari e Tinguely, a noi ci fanno un baffo.

La cavalletta anatomica. Poteva esserci l’uomo-misura del mondo di Leonardo o di Le Corbusier. Invece c’è il disegno al tratto di una cavalletta (in scala 30:1?). Nel 2013 da queste parti le locuste hanno addentato i campi e Pino l’ha segnato negli annali. La tavola è un memento: gli omini sono cavallette. State attenti. Una sembra innocua, tante insieme distruggono il raccolto. E non puoi dire dove finisce l’individuo e dove inizia lo stormo assassino.

La mongolfiera petrosa. La cupola di una casa si avvita, si empie di ossigeno, diventa enorme e rossa. È disegnata nel momento in cui la casa sta per staccarsi da terra e prendere il volo. Questa è una casa felice. Sarebbe piaciuta a Chagall e al Barone di Münchausen ma forse anche a Jules Verne. Le case sono bianche, ma se io le vedo rosse vuol dire che ho un’immaginazione potente e una sensibilità per ciò che avviene sottotraccia (come gli Uomini rossi di Aligi Sassu del 1931). L’immaginazione mette in moto la vita. Anche le altre carte sono bellissime, verticali, pagine di un diario di bordo che non ha inizio e non ha fine.

L’Italia giurassica. Nell’ultima stanza c’è una tavola di legno con chiodi molto assertivi piantati a fondo, e sopra un puzzle di pietre bianche calcaree che compongono un’Italia da sussidiario. La polis. L’Italia delle cento città. La frammentazione, il conflitto, le mani addosso. Ma anche la pazienza, quel talento carsico di sparire dalla storia per poi riemergere tempo dopo come un ruscelletto carsico. È un richiamo politico, e ci piace che qualcuno parli d’Italia in una fase di disincanto terminale. Alighiero Boetti ha fatto sapere di non poter essere con noi, ma ci fa tanti auguri.

discepoli africani. Nel giardino ci sono tredici tondini di ferro che si avvitano nella terra, incoronati da altrettante teste di filo di ferro arrugginito. Se ti avvicini, vedi che quella che da lontano sembrava una matassa neuronale ha all’interno dei tratti geometrici marcati, soprattutto il naso. Certamente: la nostra specie è un mix di linee dure e di confusione morbida. I discepoli del nulla non hanno molto da insegnare, sono testimoni muti e incendiati. Il loro diventare neri e fuligginosi, grazie alla canapa e all’olio lampante, segna più un desiderio di risalire la corrente, di ritornare alle origini primordiali dell’uomo. Il Casino di caccia di Sarmenta diventa avamposto del Burning Men, il festival controculturale più famoso al mondo che si tiene ogni anno nel deserto nel Nevada. Le fiamme purificano le incrostazioni e il buon senso. Chissà, magari ne viene fuori qualcosa di buono. E viaggeremo più leggeri.

P.S. Ciao Pino, ho giocato pulito. Tu hai fatto un one-day-show usando filo di ferro, tondino, chiodi, carta, grafite, pigmenti, bambù e legno. Io ho scritto di getto queste righe su un vecchio mac book bianco, qualche ora prima dell’evento.

Biografia

Pino Guidolotti è uno dei più noti fotografi italiani. Nel corso della sua carriera ha collaborato con le maggiori testate e case editrici italiane spaziando dalla moda, al ritratto, all’architettura. E’ però soprattutto all’arte e alla riproduzione del patrimonio artistico che ha dedicato maggiore attenzione, influenzato anche dall’amicizia che lo ha a lungo legato a Ernst H. Gombrich.

MONOGRAFIE
A.Rosenauer, Donatello. L’opera Completa, Milano 1993.
R.Wittkower, Bernini. Lo scultore del Barocco Romano, Milano 1990, Londra 1997.
G. Beltramini. Andrea Palladio: Atlante delle Architetture, Venezia 2000.
G.Beltramini e H.Burns. Le Ville Venete, Venezia 2005.
M.A. Avagnina. Il Teatro Olimpico di Vicenza, Venezia 2005.
Progetto Viven, 200 Ville Venete
Davide Gasparotto, I cavalli di Francesco Mochi.
John Eskenazi, La scultura dell’India Classica. 

MOSTRE PERSONALI (selezione)
2014  Inaugurazione di me stesso, Cinema del Reale, Specchia (LE)
2006  Volti di Architetti, Yellow Fish Gallery, Montreal.
2006  Volti di Architetti, Centro Palladio, Vicenza.
2005  Le Ville Venete, Centro Palladio, Vicenza.
2003  Carlo Scarpa. L’opera, Centro Palladio, Vicenza.
2001  Le ville del Palladio, Centro Palladio, Vicenza.
2001. Memorial E. H. Gombrich, Warburg Institute, Londra, U.K.
1990. Pino Guidolotti, Galleria Il Diaframma, Milano.
1984. Pino Guidolotti, Casa del Mantegna, Mantova.
1978. Pino Guidolotti, Photographer Gallery, Londra, U.K.
1975. Pino Guidolotti, Musèe Reattu, Arles, Francia.
1975. Photographie Italienne, Chalon sur Saone, Francia.
1975. Pino Guidolotti, Galleria Il Diaframma, Milano.
1974. Pino Guidolotti, Cracovia, Polonia.

  • Pino Guidolotti, Casino di Sarmenta, 2014
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