Inaspettatamente ma puntualmente, la polvere si è trovata già in passato agli snodi storici delle più importanti epoche e problematiche artistiche, e ricompare abbondante nell’opera di numerosi artisti di oggi.
La mostra nasce da un’idea e dal libro di Elio Grazioli (La polvere nell’arte, Bruno Mondadori, Milano 2004) e presenta una selezione di artisti contemporanei invitati a confrontarsi con questo tema. Gli artisti invitati hanno realizzato opere nuove create per l’occasione, diverse per tecniche e media, a riprova della centralità di un tema tuttavia così particolare.
I valori metaforici della polvere ricoprono una costellazione vasta e centrale: vita/morte, istante/tempo, atomo/materia, visibilità/invisibilità, effimero/duraturo, usura/eternità, sapere/vanità… fino ai concetti moderni di entropia, complessità, antiestetico, post…
Fin dalla polvere rappresentata sugli strumenti musicali, sui libri, sugli oggetti, talvolta sottolineata dalle ditate, la polvere ha uno statuto particolare: inganno visivo e tattile, è segno dell’assenza e insieme del passaggio di qualcosa-qualcuno: traccia, impronta, calco.
Quando entra in scena Marcel Duchamp, la polvere esce dalla rappresentazione: da un lato entra nell’opera come sostanza-materia-colore, dall’altro lato, con Elevage de poussière (realizzato insieme a Man Ray) si lega alla fotografia e evidenzia due suoi caratteri inediti, quello di ready-made “impossibile” (perché volatile e che dunque necessita di essere “fissato”) e quello di “inframince” (differenza ultrasottile tra immagine e reale), che di fatto segneranno le problematiche principali o con cui molti artisti tra i più importanti faranno i conti nel dopoguerra.
L’informale e la materia, gli sviluppi della fotografia, il confronto con il ready-made sotto tanti punti di vista, fino a una rifondazione della pittura e dell’immagine, sono ambiti in cui la polvere tornerà puntuale e significativa. D’altro canto un artista come Alberto Giacometti ripropone in termini di granularità quello che possiamo definire il “minimo”, l’essere e la figura al limite della sparizione. Ne segue tutt’un altro filone del confronto con la polvere, che passa per Francis Bacon e altri.
Polvere significa spesso sporco e sporco significa a sua volta negativo, sconveniente, socialmente represso o rimosso: in arte dal dadaismo e fluxus a Gilbert and George a Mike Kelly. Il contrario della polvere è la pulizia: la presenza degli strumenti del pulire sono altrettanto significativi nel percorso della polvere in arte: dalle scope agli stracci agli aspirapolvere, si passa da Robert Filliou che spolvera capolavori nei musei a Jeff Koons che espone gli aspirapolvere come post-ready-made.
Un filone particolare è quello del legame con la fotografia: la polvere ha molto in comune con la fotografia, sia per quanto riguarda lo statuto semiologico cosiddetto di “indice” (traccia diretta lasciata materialmente dal referente), sia per quanto riguarda il rapporto del tutto particolare con il tempo (presente già passato per sempre ma conservato in immagine per un futuro sempre “in ritardo”).
Un tema particolare è quello dell’assenza: la polvere lascia un alone di ciò che non c’è più, che è stato tolto, che è stato (Claudio Parmiggiani e Erwin Wurm sono al centro di questa problematica). C’è polvere anche nel mondo del “concetto” e nella multimedialità: Lawrence Weiner, Luca Maria Patella. Ci sono poi polveri speciali in quantità: polvere di stelle, polvere vivente, polvere ecologica, polvere farmaco, polvere di luoghi speciali, post-polveri… E dunque polvere e “informe”, polvere e “simulacro”, polvere e post-storia… polvere e musica, polvere e gioco… (Elio Grazioli)