L’arco del tempo abbracciato è di oltre vent’anni, ma la mostra non vuole porsi come una ricostruzione del passato prossimo dell’artista. L’intenzione, piuttosto, è di sbirciare nel suo universo poetico e nella ricerca che conduce alla creazione dell’opera, attingendo a un repertorio iconografico ricco di evocazioni in cui il soggetto e l’oggetto giocano spesso a celarsi l’un l’altro.
Le opere abitano il piano terra di Assab One creando, con la loro fisicità, nuove connessioni intellettuali e inedite relazioni emotive. Grandi ceramiche, piccoli bronzi, foto, disegni e acquerelli ammiccano con spirito sornione alle fonti d’ ispirazione, spesso offerte dal mondo del cinema.
Estrapolate le immagini e le suggestioni dal loro alveo di appartenenza, le opere in mostra rivelano l’unicità di una visione solo apparentemente frammentata, un’ autonomia creativa che deriva proprio dallo spazio assoluto che l’opera riesce a ritagliarsi con la propria forza espressiva – nonostante i titoli e le forme giochino a creare tranelli richiamando spesso altri universi creativi (la storia dell’arte, la letteratura e appunto il cinema, amore costante nel tempo).
L’azione consiste nella trasformazione dell’immagine congelata in un frame e nell’imprimere ad essa un nuovo carattere. È così che questa, grazie all’utilizzo di una nuova materia, diventa altro rispetto al punto di partenza.
Dove andrà La principessa liquida? Che muro sta attraversando? Fugge da qualcosa? Sapere che la sua silhouette è un’immagine tratta dal film Marie Antoinette di Sofia Coppola non risolve il mistero.
Rich Bitch – tutto è relativo… presenta la ricerca di Vincenzo Cabiati secondo una prospettiva diacronica. Le opere infatti, pur evidenziando la diversità degli esiti formali, mostrano un’anima comune: quella della seduzione esercitata dall’imago che, annidatasi nella retina, sollecita l’immaginazione generando visioni. Una testimonianza di quanto l’artista può confermare e/o contraddire le proprie sorgenti nel passaggio alla rappresentazione artistica.