“Quando qualcuno mi chiede perchè la carta, di colpo mi sento fragile come la pagina leggera di un libro e nello stesso momento forte come un libro di mille pagine sfogliato nei secoli da centinaia di mani. Tralasciando la forza della parola impressa sulla pagina, per me è materia viva vibrante mutevole. Scultografia è la mia indagine ancora aperta dentro e intorno la carta, un insieme di azioni eseguite con strumenti che poco appartengono allo scultore, lame soprattutto e forbici.
All’inizio degli anni Novanta i miei primi manufatti in pietra, legno, gesso e nel ’96 a Berlino in occasione di un workshop internazionale, scopro e apprendo i metodi di fabbricazione del foglio. Sperimento e miscelo cellulose, colori, fibre per fogli di vario formato e grammatura chediventano supporti grafici e materici per alcuni esemplari di libro d’artista di Alina Kalczynska e per il libro d’arte Trittico di Wislawa Szymborska, dell’editore Vanni Scheiwiller, il primo “custode” di una delle mie sculturine di carta.
Sibille, Soprani, Volumerie, Tattometrie sono volumi lamellari realizzati come calcolate composizioni ottenuti da ripetuti e numerosi tagli manuali.
La continua ricerca ed esplorazione della materia, anche attraverso la scelta e selezione accurata dei propri moduli costitutivi, con il riuso di sfridi da diverse lavorazioni o materiali affini per flessuosità alla striscia di carta, mi portano a realizzare pezzi unici, edizioni numerate, oggetti che si offrono come un’esperienza sensoriale a tutto tondo e in un dialogo più profondo con lo spazio, a installazioni site-specific e ad impianti scenografici. Nelle molteplici esperienze dell’arte e del design contemporaneo numerose le collaborazioni con noti marchi moda, gallerie d’arte, fondazioni, attività progettuali e di laboratorio dedicate al mondo dei bambini, come per la Triennale e il Muba di Milano.
Nel 2011 la mia prima grande installazione Cartoframma al Castello Aragonese di Ischia e il dialogo con la danza, il gesto, il suono. Per Le Gèant de Papier, nello stesso anno, al Flux Laboratory di Ginevra, la messa in scena di quattro allestimenti per le performance di danza create ad hoc e qui la mia prima live Paperdance. Un racconto gestuale attraverso una sorta di “arpa lamellare”, di carta ovviamente, che a terra si distende e si ripete fino a diventare una sorta di isola di ombre e riflessi e che tra le mani amplifica sonorità e vibrazioni, riproposte nel 2015 in The Electric Blue Night, in una piccola e breve azione artistica al Teatro dell’Arte di Milano. Nel 2018 ancora un progetto Ule carte visionarie dedicato ad Ischia e al suo Castello Aragonese con un’opera video di venticinque minuti che racconta la memoria della carta, dell’acqua e dell’inchiostro attraverso disegni e macche su 285 metri di bobine leggere, inchiostrate nel 2009. Un’esperienza sensoriale totale, tra concrezioni di materie cartacee di varia tipologia e forma a portata di mano, la visione del video che scorre da destra a sinistra ed il suono che registra azioni, improvvisazioni con strumenti di carta, in un progetto a più mani, quelle che pizzicano le corde della viola di Gianni De Rosa e quelle di Renato Ferrero dedite al montaggio. Le mie, dopo un trentennio, ancora affondano nella stessa materia che continua ad offrirmi segni disegni e visioni. Quando poi in una metamorfosi del tutto naturale risale alla materia madre all’albero, questo mi fa sentire ancora più forte e grato”.
D.P.