Acqua nelle orecchie, cotone nelle orecchie. Il suono prima che cominci la giornata e quello alla fine della giornata. Una sera d’estate e una sera delle vacanze di Natale. Poi una sera qualunque, la città si è svuotata, e nelle case c’è chi si tiene al riparo. E gli altri? Qualcuno sa dove sono? Nei quadri di Eithne Jordan ci sono i colori, le linee, la prospettiva da cui guardare e verso cui camminare e prima di tutto questo c’è la scelta di un posto (spesso un posto qualunque, così qualunque e talmente qualunque, da essere davvero speciale). C’è tutto questo e si vede in ogni scorcio, ogni spazio, e ogni cosa è pulita, immobile. Poi nei quadri, c’è anche altro, c’è anche l’invisibile e così, nelle minuscole porzioni di mondo, esplode di continuo e ogni volta un suono. Silente e però potentissimo. Non è parte del disegno ed è lo stesso tutto quello che il disegno dice. Il suono ( il disegno di un suono) arriva da tutte le parti, si prende ogni spazio, si conquista lo spazio, sotto il cielo metallico e sopra la strada deserta, e sovrasta l’immagine, diventa forse il lavoro più visibile e concreto, e continua nella testa di chi guarda. Continua nel rendere tutto rumorosamente muto e forse, al massimo, produce un sibilo. A volte si insinua anche l’idea che lontano da questa strada, da questo incrocio, si allontani una sirena o insista il bip interminabile di un’allarme scattato in una casa dietro l’angolo. E’ il silenzio di strade in cui sembra che potrebbe non passare mai più nessuno e che continuano a esistere anche quando non c’è anima viva. E incanta il ticchetio di certe pozzanghere che si scuotono per la pioggia e hanno un loro tic, un loro tac, anche se nessuno ascolta, anche se nessuno vede. Nei tunnel svuotati sotto le città svuotate, ecco che il colore , anche la’ sotto, diventa esattamente quel suono. Il suono del silenzio si mischia così- perfetto, imprendibile- al respiro di chi guarda i lavori, sentendosi al sicuro (non succede niente) e il respiro va ancora piano; e poi, all’improvviso (perchè non succede niente? che cosa è successo prima? che cosa sta per succedere adesso?) il respiro si fa piu veloce. Simile a quando si cammina di notte per strada: che paura essere soli e poi però che paura se invece compare qualcuno. E se dopo tutto il vuoto, dopo il fiato sospeso, dopo tutte le fughe e le attese possibili, riempite tutte le pozzanghere e esauriti tutti gli allarmi della città, tornassero le foreste e le piante enormi a riprendersi ogni angolo, ogni casa, tutti i marciapiede del pianeta e le galassie e l’universo? Se dopo questa infinita, immobile giornata di mezza estate, dopo la lunga notte invernale, tornassero anche gli animali primitivi, addirittura quelli giganteschi megagalattici e prima o poi di nuovo, piccolissimo, l’uomo? Ecco, allora che l’uomo ricomincerà a respirare, piano piano e piano piano tornerà a far muovere le macchine, ad accendere tutte le luci e infine, a fare sentire ancora la sua voce (nascondendo di nuovo tutti gli altri suoni).